L’applicazione della legge nello spazio. LIMITI SPAZIALI.

16 Luglio 2024

Il criterio della territorialità
Il territorio dello Stato costituisce il limite tendenziale di efficacia della legge penale nazione, come
si evince dagli art. 3 c.p., secondo cui “la legge penale italiana obbliga tutti coloro che, cittadini e
stranieri, si trovano nel territorio dello Stato” e 6 c.p., che prevede l’irrogazione della pena in
conformità alla legge penale italiana per chiunque commette un reato nel territorio dello Stato. Tali
norme testimoniano l’indiscusso accoglimento del principio di territorialità, fondato sulla
presunzione essenzialmente assoluta dell’interesse statuale a disciplinare ogni fatto o rapporto che
ricada nell’area soggetta alla sovranità dello stato. Il problema assume rilievo in particolare quando
la fattispecie illecita si presenti contaminata da elementi di internazionalità, rinvenibili
esemplificativamente nel luogo del delitto, nella nazionalità del colpevole, della vittima o
dell’interesse leso, o, ancora nel valore sovranazionale – o addirittura universale – dei beni offesi.
Quanto al concetto di territorio dello Stato, l’art. 4, co. 2, c.p. stabilisce espressamente che “ai fini
della legge penale è territorio dello Stato il territorio della Repubblica, ed ogni altro luogo
soggetto alla sovranità dello Stato”. Generalmente, con l’espressione “territorio dello Stato” si è
soliti ricomprendere, tuttavia, diverse componenti, quali: la terraferma, il sottosuolo, lo spazio
atmosferico sovrastante la terraferma e il mare territoriale, nonché gli elementi che compongono il
c.d. territorio fittizio, come le navi e gli aeromobili.
Deroghe al principio di territorialità.
L’interesse alla protezione ordinamentale da una determinata offesa o pericolo di offesa può
spingere il legislatore nazionale a tracimare gli steccati della propria sfera nazionale per perseguire
penalmente anche fatti che non siano stati commessi sul territorio e che, altrimenti, rimarrebbero
tout court impuniti. Di qui la necessità di derogare, in peculiari ipotesi, al suddetto principio.
Reati commessi all’estero punibili incondizionatamente.
L’art. 7 c.p. disciplina una prima schiera di reati evidentemente insofferenti alle limitazioni derivanti
dalla rigida applicazione del principio di territorialità, legittimando lo Stato italiano a reprimere – in
conformità alla propria legislazione – il cittadino o lo straniero che commette in territorio estero:
delitti contro la personalità dello Stato; delitti di contraffazione del sigillo dello Stato e di usco di
tale sigillo contraffatto; delitti di falsità in monete aventi corso legale nel territorio dello Stato;
delitti commessi da pubblici ufficiali a servizio dello Stato; ogni altro reato per il quale speciali
disposizioni di legge o convezioni internazionali stabiliscono l’applicazione della legge italiana.
Delitti politici.
Il disposto normativo del delitto politico nel codice penale è rinvenibile nell’art. 8 c.p., il quale,
dopo aver statuito ai primi due commi che è punito secondo la legge italiana, a richiesta del
Ministro della giustizia il cittadino o lo straniero che commette n territorio estero un delitto politico
non compreso fra quelli indicati all’art.7 c.p., prevede un terzo comma che “agli effetti della legge
penale, è delitto politico ogni delitto che offende un interesse politico dello Stato, ovvero un diritto
politico del cittadino. E’ altresì considerato delitto politico il delitto comune determinato, in tutto o
in parte, da motivi politici”.
Delitti comuni commessi all’estero.
In chiave ulteriormente derogatoria rispetto al principio di territorialità della legge penale italiana,
sono contemplate talune categorie di ipotesi criminose sottoposte alla legge penale italiana ancorché
commesse interamente all’estero. Art. 9, co. 1 e 2 c.p.: delitto comune del cittadino all’estero; art. 9,
co. 3 c.p.: delitto commesso a danno di uno Stato estero o straniero; art. 10 c.p. delitto comune dello
straniero all’estero.

Norme contro la pedofilia.
Ulteriormente derogatorio rispetto al principio di territorialità della legge penale italiana è l’art. 10
della legge 3 agosto 1998 n. 269 recante “Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della
pornografia, del turismo sessuale a danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù”
che ha riscritto l’art. 604 c.p., ridisegnandone i confini applicativi.
Luogo del commesso reato.
Il legislatore stabilisce, al secondo co. dell’art. 6 c.p., che “il reato si considera commesso nel
territorio dello Stato, quando l’azione o l’omissione, che lo costituisce, è ivi avvenuta tutta o in
parte, ovvero si è verificato l’evento che è la conseguenza dell’azione od omissione”.
La disposizione per quanto chiara nel suo tenore letterale, innesca non marginali dubbi
interpretativi, nel momento in cui occorre individuare il frammento della fattispecie criminosa cui
accordare prevalenza ai fini della localizzazione del reato, allorché l’iter criminis si appalesi non
unitario nel suo svolgimento territoriale. È possibile, infatti, valorizzare ai fini dell’individuazione
del luogo del delitto, quello in cui si è verificata la condotta dell’illecito, oppure l’evento, ovvero,
ancora, in in applicazione della c.d. Teoria dell’ubiquità, una qualsiasi porzione materiale della
fattispecie criminosa.
La categoria dei delitti informatici.
Il problema del locus commissi delicti si appalesa con maggiore vischiosità nel delitti informatici.
Invero, l’irrilevanza di confini geografici, nonché l’impossibilità di individuare con esattezza ed
immediatezza il luogo fisico dal quale l’informazione o un flusso di informazioni viene veicolato in
rete, rendono la comunicazione effettuata a mezzo internet priva di riferimenti fisici precisi.
La diffamazione via internet.
La giurisprudenza di legittimità considera commesso nel territorio dello stato l delitto di
diffamazione a mezzo internet se ivi si è verificato l’evento che è la conseguenza dell’azione o
omissione. E poiché l’evento, nella fattispecie in questione, è costituito dalla percezione – presunta
o concreta – della comunicazione diffamatoria e lesiva della reputazione della persona sul territorio
dello Stato, ne consegue il radicamento della giurisdizione presso il giudice del territorio italiano
ove il fatto sia stato percepito – o sia percepibile – dalla vittima dell’illecito.
Il riconoscimento delle sentenze straniere.
Le medesime ragioni poste a fondamento della non applicabilità della legge penale straniera in Italia
giustificano il generale principio della in-eseguibilità nel nostro Stato delle decisioni penali emesse
dagli altri Stati. Tuttavia, l’ordinamento italiano riconosce la sentenza straniera a determinati fini
indicati tassativamente all’art. 12 c.p. Ai fini del riconoscimento della sentenza penale straniera, è
necessario che essa sia stata pronunciata dall’autorità giudiziaria di uno Stato estero col quale esiste
trattato di estradizione; in assenza di quest’ultimo, la sentenza straniera può essere egualmente
ammessa a riconoscimento nello Stato, qualora il Ministro della giustizia ne faccia richiesta.
L’estradizione.
L’estradizione costituisce il più antico strumento collaborativo fra le nazioni affermatosi nella realtà
penale internazionale. Le fonti dell’estradizione sono individuate dall’art. 13 c.p., nella legge penale
italiana, nelle convenzioni e negli usi internazionali. Quanto al procedimento, l’estradizione consiste
propriamente nella consegna da parte di uno Stato ad un altro di un individuo accusato o
condannato affinché nello Stato ricevente sia sottoposto al processo – estradizione processuale – o
all’attuazione della pena – estradizione esecutiva -.