La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18020/2024 depositata in data 23 maggio 2024, confermando una interpretazione consolidata da numerose altre pronunce di legittimità (tra cui sent. n.8848/18), ha affermato la natura di rifiuto, anziché quella di sottoprodotto, per i residui provenienti dal cantiere di demolizione di un edificio.
In particolare, la Corte ha ribadito l’assunto secondo il quale possono essere considerati sottoprodotti unicamente i residui che derivino da un processo di produzione e un cantiere non è equiparabile ad un tale processo.
Il caso di specie
Nel caso de quo il titolare di un’impresa edile era stato condannato, in quanto ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 256 comma 1 lett.a) del D.Lgs. 152/2006, per aver creato una strada di cantiere usando materiali da demolizione, scarti vegetali, nonché scarti di carta e cartone, derivanti dalla costruzione di alcune villette nel terreno confinante.
Infatti, i materiali ritenuti rifiuti a tutti gli effetti, e da cui è scaturita la condanna per gestione non autorizzata di rifiuti non pericolosi, consistevano in materiali di costruzione prodotti in loco e depositati di fianco all’area di lavoro per formare una stradina che permettesse un accesso al cantiere ai mezzi preposti alle varie attività edili.
Al contrario, secondo il Tribunale, i rifiuti non provenivano dal cantiere adiacente né erano devoluti alla costruzione della suddetta strada, in virtù della loro ingente quantità e del fatto che gli stessi non erano stati previamente separati, trattandosi di rifiuti miscelati.
La qualificazione giuridica di rifiuto ribadita dalla Corte di Cassazione
Secondo la difesa che ha ricorso per Cassazione, si sarebbe trattato di deposito temporaneo di sottoprodotti provenienti dal cantiere limitrofo; ma per la Suprema Corte è evidente la contraddizione considerato che solo i rifiuti possono essere posti in deposito temporaneo e non anche i sottoprodotti.
Innanzitutto, va ricordato il principio consolidato tale per cui l’onere della prova relativa alla sussistenza o meno delle condizioni di liceità dell’utilizzo del rifiuto o che, al contrario escludono siffatta natura, ricade sul soggetto che ne invoca l’applicazione.
Il suddetto onere verrà ritenuto soddisfatto laddove sia stata fornita adeguata prova che i rifiuti abbandonati soddisfino tutte e congiuntamente le condizioni elencate nel comma 1 dell’art. 184Bis del Decreto Legislativo n. 152 del 2006.
Secondo la Corte di Cassazione, far rientrare i materiali da attività di demolizione nell’alveo dei sottoprodotti “si porrebbe in evidente contrasto con quanto stabilito dall’art. 184” che li qualifica, invece, come rifiuti: in ogni caso, siffatta collocazione, imporrebbe, comunque, il rispetto di una serie di parametri, non soddisfatti nel caso di specie.
Infatti, la Suprema Corte lamenta l’assenza del primo requisito previsto dalla norma, ovvero l’origine del sottoprodotto da un processo di produzione: ebbene, l’opera di demolizione di un edificio non può rientrare nella definizione di “processo di produzione” ai sensi dell’art. 184Bis, comma 1, lett.a) del D. Lgs. 152/2006, di talchè i materiali che ne derivano sono da qualificare come “rifiuti” e non come “sottoprodotti”.
Dal dato letterale della lettera a) del comma 1 del summenzionato decreto legislativo si evince chiaramente che il sottoprodotto deve “trarre origine”, quindi provenire direttamente, da un “processo di produzione”: ciò presuppone un’attività diretta alla creazione di un qualcosa ottenuto grazie alla lavorazione o trasformazione di altri materiali (malgrado sappiamo non possa ritenersi esaustiva una simile descrizione in virtù delle numerose possibilità oggi offerte dalla tecnologia).
La demolizione di un edificio, che può avvenire per le ragioni più svariate, non è finalizzata alla produzione di qualcosa, semmai ad eliminare una costruzione preesistente; né può assumere rilevanza, a parere della Cassazione, il fatto che a seguito di uno smantellamento venga realizzato un nuovo edificio, non potendo quest’ultimo essere considerato come il prodotto finale della demolizione.
D’altronde, una demolizione non costituisce il prodromo di una costruzione, poiché essa può essere effettuata anche indipendentemente da precedenti abbattimenti.
Occorre, altresì, precisare che l’art. 184, comma 3, lettera b) del D.Lgs. 152/2006 definisce i rifiuti derivanti da attività di demolizione e costruzione, nonché quelli derivanti da attività di scavo, come “rifiuti speciali”, fermo restando quanto disciplinato dall’art. 184bis in materia di sottoprodotti.
Pare evidente che collocare i materiali derivanti da opere di demolizione nel novero dei sottoprodotti contrasterebbe con quanto espressamente indicato dal testo dell’art. 184 che li definisce “rifiuti”.
Peraltro, in ogni caso, come si anticipava all’inizio, l’eventuale collocazione nella classe dei sottoprodotti impone, comunque, il rispetto di una serie di condizioni.
Infatti, la categoria dei sottoprodotti, che è stata introdotta soltanto nel 2010, è disciplinata dall’art. 184bis, il quale stabilisce che va considerato “sottoprodotto” e non “rifiuto”, qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfi ben quattro condizioni.
La prima, come abbiamo già visto, è che la sostanza o l’ggetto devono originare da un processo di produzione, di cui costituiscono parte integrante ma non ne sono lo scopo principale. La seconda condizione impone di essere certi che la sostanza o l’oggetto saranno utilizzati nel corso dello stesso e/o di un successivo processo di produzione e/o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi. La terza condizione stabilisce che la sostanza o l’oggetto in questione possa essere utilizzato direttamente senza bisogno di un ulteriore trattamento diverso dalla comune pratica industriale. Infine, la quarta ed ultima condizione che deve essere soddisfatta riguarda l’utilizzo legale che deve essere fatto di quella sostanza o di quell’oggetto specifico, nel senso che non potrà avere effetti negativi né per la salute umana né per l’ambiente.
Nel caso di specie, come si è visto, al di là del consolidato orientamento giurisprudenziale che considera i residui dei cantieri di demolizione come rifiuti, difetterebbe, comunque la prima delle condizioni stabilite dalla legge concernente l’origine del prodotto e, di conseguenza, a maggior ragione, non è possibile catalogarlo come sottoprodotto.